domenica 17 gennaio 2010

SEI TU

"CURVA PIEGATA IN PIEDI ACCOVACCIATA CHINA
SEMPRE TU CHE CURI CHE AMI CHE SOFFRI CHE...CHE NON NE PUOI PIU' MA NON CEDI NON MOLLI NON TI FERMI E NON TI ARRENDI

PARLO DI TE DI ME

DI NOI CHE SPESSO INSIEME TROPPE VOLTE SOLE INVENTIAMO TUTTO

AMORE SOFFERENZA PAURA VITA(...)SEI TU DONNA
IMPREVEDIBILE FORZA DI TENEREZZA.
E. Kidanè




Ho trovato la poesia su CHIESA VIVA di Gennaio e mi ha incuriosito la proposta del Nobel per la Pace 2010 alle donne africane. Un Nobel collettivo, a significare che la pace non scaturisce solo da lotte personali eclatanti ma da fatica e sudore quotidiano. Nella motivazione si legge come le donne siano il motore dell'economia, sia familiare che collettiva, della prevenzione sanitaria, dell'istruzione; le donne combattono contro le pratiche dell'infibulazione che ancora subiscono altre donne nel continente africano e non solo.


Un Nobel a tutte le mamme, le sorelle, le moglie degli immigrati di Rosarno. Un sostegno che per me è anche un voler chiedere scusa per una politica verso gli stranieri che potrebbe essere sicuramente migliore. Per dire poco.


Si può firmare la petizione collegandosi a http://www.noppaw.org/.

1 commento:

  1. La proposta del Nobel per la pace alle donne africane è stata sponsorizzata anche dal GMA, l'associazione di Montagnana che opera da oltre 30 anni in Eritrea e in Etiopia (e per mezzo della quale io ho adottato in miei due bambini). Questa associazione, che lavora sul territorio, ha avviato progetti di sviluppo in Etiopia dove protagoniste sono le donne, perchè è sulle spalle delle donne che in Africa si regge l'economia (la crescita dei figli, la ricerca del cibo, il lavoro ...):le donne africane sono il futuro di quella terra bellissima, troppo martoriata da chi la governa e da chi la sfrutta. E' attraverso le donne che l'Africa potrà un giorno sperare in un proprio sviluppo, in una propria sufficienza e nel diretto sfruttamento delle proprie risorse, è attaverso le donne che un giorno gli africani potranno pensare di rimanere nel proprio paese senza "mendicare" cibo, vita e lavoro altrove.
    Donatella Roversi.

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