mercoledì 25 novembre 2009

Al buon senso non dovrebbe servire una legge.



Riporto qui quanto scritto su una pagina del sito di Radicali.it :
"È importante ribadire che la scelta del software non è una scelta amministrativa che si puo' basare sui soli criteri di economicità, ma è eminentemente politica, in quanto capace di modificare la dinamica dello sviluppo del nostro Paese.
È per questo che ad esempio l'amministrazione americana, pur avendo la possibilità di stringere accordi simili a quello offerto al governo italiano, sta facendo in molti casi la scelta opposta, tanto da trasferire il sito della Casa Bianca ad una piattaforma tecnologica aperta."
Questo blog si è espresso più volte in questa direzione. E il problema non è sempre e solo romano. La politica si fa tutti i giorni e anche nelle piccole cose. Tempo fa mi sono trovato a sottolineare all'assessore alla cultura del mio paese come fosse più importante fornire di computer la scuola che di comprare licenze di Office di MS. Mi venne replicato (verbalmente) che si era provveduto con copie ufficiali. E questo è il problema. Come non capire che nel migliore dei casi si otterrà di spingere alunni, se non anche i professori, a copie pirata. Copie pirata che abbassano il concetto di legalità e mettono in discussione la credibilità di una materia che ai miei tempi passava per "educazione civica". L'altro particolare, che si tende a trascurare è come le case produttrici di software alimentino il mercato della pirateria per ottenere fette di mercato crescente (venduto). Il software libero non ha questo problema e rafforza il principio degli standard aperti : "io leggo e scrivo in modo condiviso". Auspico che l'Amministrazione del mio Comune adotti software open source per i propri documenti.
P.S. Questo post scritto il 18 novembre '09 esce con data programmata.

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