domenica 16 maggio 2010

Lettera a "Il Giornale di Vicenza"

20070331_gdv.jpg 834×958 pixels.png"Egregio Direttore,

penso sia difficile trovare un popolo che odia tanto il suo territorio (e quindi la propria storia) quanto il popolo vicentino e veneto in generale.
“Sono Pazzi Questi Romani!” esclamavano Asterix e Obelix, interpretando in maniera originale la sigla “SPQR” (Senatus PopulusQue Romanus). Oggi come oggi non suonerebbe male un SPQV (“Sono Pazzi Questi Veneti”).
Questa caduta libera del pensiero collettivo, già evidente in passato, è divenuta lampante di fronte allo stravolgimento in atto.

Il riferimento è soprattutto all'ultimo decennio, ma la storia ovviamente parte da un po' più lontano ed è ben documentata nei libri del compianto Eugenio Turri (“Dalla villa veneta al capannone” e “Megalopoli padana”) e anche nel più recente “Il grigio oltre le siepi: geografie smarrite e racconti del disagio in Veneto” a cura di Francesco Vallerani e Mauro Varotto.
Il colore grigio è qui simbolo non solo di espansione del cemento, ma anche del disagio esistenziale degli abitanti, di orizzonti limitati di pensiero, di spaesamento emotivo per chi vorrebbe guardare oltre il proprio perimetro. Oltre la siepe non c'è l'Infinito di Leopardi, ma capannoni, strade, svincoli, pedemontane, rotatorie e outlet. E poi ancora capannoni, strade... perché ogni singolo comune vuole la sua fetta di “zona produttiva” dove ormai si produce sempre meno.

Si susseguono le analisi sui giornali:” Tra capannoni vuoti e centri commerciali non finiti il Nord Est felix non c'è più”. Erano diventati i nuovi templi al consumismo, ne sono stati costruiti moltissimi, sempre più enormi, sempre più ricchi: erano il segno della prosperità e del successo. La statale verso Padova (o verso Verona, o verso nord) è un continuum, un incubo metropolitano, una serie infinita di parallelepipedi di cemento e distese di asfalto. In pochi anni sono spuntati come funghi, ma c'è ancora chi si accanisce e persevera nella follia. E infatti a ” Grisignano, sì all'outlet della società bresciana” con foto di enormi distese di automobili, venute da chissà dove per risparmiare qualche “lira” con il miraggio delle grandi firme. Anche se il progetto si blocca, il virus dell'annuncio è immesso nel pensiero.

Altri titoli relativi a vari ambiti del vicentino: “La Pedemontana trova sulla strada 1466 ostacoli”; “Impatto devastante a Montecchio”; “Castelgomberto sarà il territorio più martoriato”.
Questa arteria sarà la distruzione inesorabile delle residue zone agricole e il presidente della Coldiretti ( non il solito pincopalla) si azzarda a dire :”Sono in molti a non rendersi conto di cosa significherà un'autostrada nella valle dell'Agno e a Montecchio ”. Se per vent'anni la Pedemontana è stata un miraggio, crediamo che ora per gli abitanti questi 94 chilometri (con 9 viadotti, 18 svincoli e altri chilometri di bretelle) si trasformeranno in un incubo reale. Naturalmente i proprietari verranno ben retribuiti per il loro “disagio”, e alla fine saranno tutti felici e contenti, paghi dei loro quattro soldi con i quali fare le vacanze nei posti alla moda. Ma se “questa terra era la loro terra”, saranno dei naufraghi spersi nel loro stesso territorio ormai irriconoscibile. Forse qualche vecchio, come è già capitato in altri luoghi stravolti, diventerà triste e muto, incapace di farsene una ragione. Però ci dicono che questo si chiami sviluppo ...

I recenti disastri in Sicilia e in Calabria (frane, smottamenti...) appaiono lontani, ma sono vicinissimi come abuso di territorio: laggiù il monte scivola a valle, qui la pioggia allagherà la campagna cementificata. Di fronte ad un territorio limitato e delicato ci si muove come il famoso elefante in un negozio di cristallerie, e cioè facendo macerie.
Nel novembre 2007 venne diramato l'allarme dei Consorzi di bonifica:”Il cemento continua a erodere le campagne venete minando l'assetto idrogeologico del territorio. Tra il 1993 e il 2003 gli spazi destinati all'agricoltura si sono ridotti del 43%”. Ora, alla luce delle nuove scelte di fortissimo impatto ambientale, la situazione andrà nettamente a peggiorare e il progetto ormai definitivo passerà sopra a qualsiasi opinione contraria. Il prezzo di questo “progresso artificiale” sarà molto pesante per la mente e per il corpo di questa nostra provincia.

La bellezza e la particolarità del territorio veneto derivavano sia dalla funzione di vetrina delle città, dove la nobiltà esibiva i palazzi nelle vie del centro, che dall'armonia delle campagne, gestite da appositi magistrati ( alle Acque, ai Boschi, ai Beni Inculti, ecc.). Scriveva Charles de Brosses: “La terra che si estende tra Vicenza e Padova vale da sola tutto il viaggio in Italia..., non esiste scena più bella di una simile campagna”:
Oggi è l'intero ambito provinciale ad essere sotto attacco. Anche il Basso Vicentino ha la sua dose di “Grandi opere”. Gli hanno detto che era “depresso” e quindi, per curare questa sua “depressitudine”, si sta rivolgendo ai capannoni, alle strade, agli svincoli, alle prossime zone industriali legate alle “opportunità” di movimento della nuova autostrada, un'assurdità viabilistica (dal mio punto di vista) e uno stravolgimento paesaggistico. Il pensiero unico dominante ha deciso che “autostrada doveva essere” e autostrada è stata, lasciando da parte tutte le possibili alternative più sostenibili. Ora nei vari convegni vengono messe in evidenza le responsabilità del futuro governo di questo territorio. Sentenziano: “E' finito il tempo di una fabbrica sotto ogni campanile”, pensando di dire una frase nuova e originale. Si sta avverando ciò che era nell'ordine della decisione: non è importante andare a Rovigo, quanto invece aprire “nuove opportunità” legate alla facilità dei caselli autostradali. Si parla di un “polo di interscambio merci “ che servirebbe l'intero Triveneto, non una bazzecola quindi ma una serie di capannoni di tutto rispetto. E questo riguarda solamente la zona appetibile del primo futuro casello Valdastico Sud di Longare.

Se i quattro sindaci coinvolti restano abbottonati, questo non significa che i messaggi non corrano: alla fine scopriranno che di questo manufatto il territorio non può proprio farne a meno... che è il famoso treno del “progresso” che non si può non afferrare...che verranno fatti tutti i controlli con la massima cura...che è arrivato il momento del fare...e così via.

Ma in tutti questi discorsi, in un territorio a forte connotazione di “campagna amica, di tanti sapori di una terra generosa che mostra con orgoglio le su tipicità”, manca qualsiasi intervento sia degli agricoltori che dei commercianti. La distruzione del “loro” territorio su cui hanno investito tempo, competenze e passione sembra che li lasci indifferenti. Eppure il malcontento esiste, solo che è sotterraneo e non emerge, in una sorta di adeguamento mentale e psicologico alle decisioni prese più “in alto”. La delega è comoda, evita di pensare, ed è forte la difficoltà di “fare squadra” insieme, di trovarsi per dibattere pubblicamente, prendendo consapevolezza dell'importanza delle proprie idee e posizioni.
L'agricoltura tipica e caratteristica dovrebbe essere legata ad un ambiente integro e così pure il turismo “di qualità” ha senso solo all'interno di un territorio decentemente coeso e armonico.
Io credo che tutto questo sia troppo. Forse è il momento di fermarsi. Riflettere su un territorio presuppone un pensiero collettivo che diventa sempre più difficile percepire realmente, in quanto tutto è stato parcellizzato, suddiviso in segmenti sempre più piccoli e individuali.

Diceva un urbanista tedesco:”Quando un ingegnere vede una collina immagina di traforarla per rettificare la strada. Quando un imprenditore vede una collina pensa di lottizzarla per realizzare un investimento immobiliare. Come sindaco, io mi voglio riservare il diritto di guardare la collina e immaginarla per quello che è: una collina. Voglio decidere con la collettività la tutela del nostro territorio, anche in contrasto con interessi economici e strategie di sviluppo”. Pensiamo che veramente si debba ripartire dal pensiero che le risorse ambientali sono beni comuni da preservare, non sono beni infiniti e, una volta distrutti, sono irrimediabilmente persi."

Elena Barbieri
Maggio 2010

lettera mai pubblicata dal Giornale di Vicenza. Noi la riceviamo e pubblichiamo dopo aver incontrato Elena Barbieri ad una riunione.
Il virtuale si mescola con il reale.

1 commento:

  1. Caro Gelso ,
    probabilmente oggi è la Giornata delle lettere al Direttore al Gion.di VI .
    Ti invito a leggere la mia lettera sul Vicenza di oggi 22/5 e poi aspetto ......le tue..... !
    NEWS NOVITA' : l'On.Daniela Sbroll. è in 4 mesi ed è un maschio ....!
    Ciao BIEMME 70

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